Testurizzazione: sì o no? E quando?

Prima di addentrarci nell’argomento precisiamo innanzitutto alcuni concetti importanti, per esempio la differenza tra filo e filato.

Con il termine “filo” si indicano i fili realizzati con filamenti continui (fibre chimiche e seta); il termine “filato” indica invece i fili realizzati con fibre discontinue (fibre naturali o fibre chimiche in fiocco) tenute assieme dalla torsione (Fig. 1).

Fig. 1

La testurizzazione e l’interlacciatura

La testurizzazione è un procedimento che impartisce ai tessuti proprietà richieste dai consumatori (leggerezza, maggiore comfort, elasticità, ripresa delle deformazioni, aspetto e mano lanose o cotoniere…) ed è destinata solo ai fili termoplastici, ovvero nylon e poliestere. Sollecitati dalla moda degli elasticizzati, sono stati ricercati e applicati trattamenti simili alla testurizzazione per i filati di fibre naturali, ma per il momento con scarsi risultati.

Per definizione, la testurizzazione dà origine a “fili di filamenti continui con torsione, che presentano un aspetto gonfio, che deriva da un’ondulazione o da un’arricciatura dei filamenti elementari che li compongono”.

Il suo aspetto può variare a seconda delle varie tipologie di filo testurizzato che rispondono alla definizione sopra indicata: ossia il filo può essere liscio parallelo con e senza torsione (Fig. 2a+2b), testurizzato con e senza torsione (Fig. 3a+3b), interlacciato con punti di fusione che evitano alle bave di aprirsi (Fig. 4), taslanizzato (con cui si ottengono opacità, aspetto e mano cotoniera) e, infine, abbinato con elastomero con proprietà elastiche.

L’unione della fibra Lycra con un filo testurizzato di poliammide mediante un getto ad aria è un processo detto di “interlacciatura”. Così facendo il filo prodotto avrà caratteristiche sia del filo testurizzato, voluminosità e alto potere coprente, sia quelle del filo di elastomero, allungamento elevato e alto potere di recupero elastico (Fig. 5).

Fig. 5
Pro e contro della testurizzazione

La diffusione dei fili testurizzati è derivata da diversi fattori

In primo luogo dall’affermazione del prodotto elasticizzato, che può essere utilizzato in vari tipi di tessitura anche senza l’aggiunta di elastomero, in quanto il trattamento di testurizzazione porta un certo potere elastico.

In secondo luogo dal fatto che è un procedimento vantaggioso, perché permette di riprodurre sui fili sintetici alcune caratteristiche proprie dei filati di fibre naturali.
Il processo di testurizzazione ad aria, ad esempio, conferisce una specifica caratteristica al filo continuo che assume così un aspetto irregolare, simile a quello di un filato discontinuo come il cotone o la lana.
Permette inoltre di modificare l’aspetto creando dei rilievi: si pensi all’abbigliamento fitness, che a un primo colpo d’occhio sembra lavorato a punto piquet in rilievo.

I dati indicano che attualmente circa il 60-70% della produzione mondiale di fili continui sintetici è utilizzato sotto forma di filo testurizzato ed è un processo in continua espansione.

Le principali proprietà del filo testurizzato comprendono:

  • una migliore resistenza dinamometrica a parità di titolo;
  • una maggiore voluminosità a parità di peso;
  • un comfort migliore come conseguenza della maggior distanza fra le bave e, pertanto, del notevole volume di aria trattenuta;
  • elasticità;
  • più rapida ripresa dalle deformazioni;
  • mano morbida e simile a quella delle fibre naturali;
  • aspetto superficiale: il tessuto sembra come realizzato con un filato; le fibrille arricciate danno un risultato simile ai peli dei filati discontinui, con proprietà meccaniche migliori. L’aspetto è come lana, ma il tessuto è più robusto ed economico.

Di contro, i capi realizzati con filo continuo o in mista filo/filato presentano il problema dello snagging, ossia la formazione di grovigli di fibre tipo pills sulla superficie dovuti alla rottura e fuoriuscita dei filamenti a causa dello sfregamento di indosso, in particolare contro superfici non perfettamente lisce (Fig. 6).

Fig. 6 – Snagging su piquet

Testurizzazione e procedimenti

I procedimenti di testurizzazione per modificare la configurazione dei filamenti sono diversi e si possono classificare in due grandi gruppi: testurizzazione termomeccanica e testurizzazione a getto d’aria.

Testurizzazione termomeccanica

Nella testurizzazione termomeccanica la termoplasticità delle chimiche, in particolare poliestere e poliammide, può assumere una deformazione permanente delle singole bave componenti.

Si può suddividere in due sottoclassi:

  1. la prima è con applicazione di torsione ai fili e del calore Tipo FT oppure FTF. È essenziale l’uso del calore per dare ai filamenti nuove configurazioni. In questo caso i fili, singolarmente alimentati, subiscono una torsione, un termofissaggio e una detorsione. La memoria termica del fissaggio in condizione di alta torsione conferisce alle singole bave una struttura ondulata (fili FT). Poi un secondo fissaggio è in grado di ridurre al voluto grado elasticità, volume e tendenza a ritorcersi dei fili (fili FTF);
  2. la seconda sottoclasse è la testurizzazione per flessione su lama. In questo caso i filamenti vengono stirati sullo spigolo di una piastra riscaldata; si pensi all’arricciatura impartita al nastro stirato contro la lama di un coltello nella chiusura di pacchi.

Testurizzazione a getto d’aria

Nella testurizzazione a getto d’aria, che opera senza torsione, più fili sono spinti mediante un getto d’aria entro un ugello, assumendo – per effetto della turbolenza – una struttura disordinata e voluminosa la cui caratteristica principale è data da piccoli riccioli delle singole bave. Questi fili, detti taslan o interlacciati, si ottengono scompigliando i fili con vortici a getti fluidi. La procedura presenta caratteristiche strutturali notevolmente diverse da quelle di un filo da falsa torsione, in quanto rispetto a essi sono più voluminosi, con scarsa elasticità, simili ai filati tradizionali, opachi e hanno un aspetto lanuginoso.

Prosegui la lettura

L’articolo continua approfondendo:

  • Snagging: da cosa dipende
  • Effetto dell’intreccio del tessuto
  • Effetto della torsione del filato
  • Effetto della finezza dei singoli filamenti che compongono il filo
  • Snagging e tipologia del filo testurizzato

 

Sei abbonato a Technofashion? Leggi l’articolo completo qui

 

Non sei abbonato alla rivista Technofashion? Richiedi gratuitamente l’articolo completo