Piccole ma buone, le PMI sono i pilastri dell’economia comunitaria: danno un’occupazione a 2/3 dei lavoratori e realizzano il 57% del valore aggiunto dell’UE.

Tuttavia, secondo la Commissione dell’UE, alla fine del 2020 solo il 9% delle PMI europee ha registrato almeno un diritto di Proprietà Intellettuale (PI). Inoltre, a causa della crisi pandemica, l’interesse per le registrazioni di marchi e brevetti ha subito un ulteriore calo.

Perché le PMI sono restie ad avvalersi dei diritti di PI?

In base a un recente studio dell’EUIPO, Ufficio dell’Unione Europea per la Proprietà Intellettuale, sono due le ragioni principali:

  1. la mancanza di conoscenze in materia;
  2. la percezione che l’iter di registrazione dei titoli sia troppo complesso e dispendioso in termini di tempo e denaro.

Eppure i titoli di proprietà intellettuale sono risorse strategiche fondamentali per la crescita e l’innovazione delle aziende, e danno quella spinta in più talvolta cruciale per sopravvivere ai primi anni critici.
Agli investitori, infatti, piacciono le registrazioni di marchi e brevetti perché sono segnali delle potenzialità espansive e tecnologiche di un’impresa; le apprezzano anche gli analisti finanziari perché sono garanzie fungibili, cioè all’occorrenza possono essere vendute o concesse in licenza, con conseguente monetizzazione.

Quindi registrare titoli di PI, valorizzando il capitale immateriale, può diventare una corsia preferenziale per ottenere finanziamenti e per espandere i propri affari.

Prosegui la lettura!
L’articolo continua con:

  • Proprietà intellettuale nell’era del digital
  • Gli effetti della pandemia sul commercio elettronico
  • L’esempio virtuoso di Amazon
  • Conclusioni

 

Sei abbonato a Technofashion? Leggi l’articolo completo su TCF dicembre 2021

 

Non sei abbonato alla rivista Technofashion? Richiedi gratuitamente l’articolo completo