Chimica dei colori

È risaputo che i vestiti nel tempo sbiadiscono ma, se ciò avviene troppo velocemente, il danno che si verifica non è accettabile.

Fino all’inizio del secolo, la tintura naturale – con vegetali, minerali o insetti – è stata l’unico metodo conosciuto per tingere tessuti e filati; in seguito alla scoperta del colorante chimico, queste conoscenze sono state quasi dimenticate.

Oggi, tuttavia, l’attenzione dell’Industria tessile è cambiata e gli stilisti amano utilizzare varie soluzioni con tinture naturali o falsi naturali (imitazione dei naturali), in quanto producono effetti estetici e sfumature di colore impossibili da ottenere con coloranti tessili chimici.

In più, le motivazioni di sostenibilità ambientale portano nella direzione dei coloranti tessili da fonti rinnovabili e biodegradabili.

Colori naturali e falsi naturali

Le sostanze coloranti si possono dividere in naturali e sintetiche:

  • la maggior parte dei coloranti impiegati oggi dall’Industria tessile è di origine chimica, ottenuti quindi per sintesi chimica (coloranti sintetici per tessuti);
  • oggi, tuttavia, molte aziende (per motivi di marketing o di sostenibilità) propongono invece capi tinti con coloranti naturali, caratterizzati da bellissime sfumature di colori ma che presentano costi elevati, minore uniformità di colorazione e una ridotta gamma cromatica.

Allo scopo di ovviare a questi inconvenienti, mantenendo i pregi delle tinture naturali, si utilizzano particolari tecniche di tintura con coloranti chimici che conferiscono al capo un aspetto similare (Fig. 1): sono le tinture in capo con resine e le tinture a freddo.

Fig. 1 – Colori falsi naturali

Coloranti tessili

In entrambi i casi, generalmente, la solidità del colore alla luce è piuttosto bassa.

  1. Nella tintura a freddo per tessuti si utilizzano, come coloranti, pigmenti in bagno unico in presenza di resine: si tratta un processo fisico, non chimico, nel senso che non si formano legami chimici tra coloranti e fibra, ma la resina che si deposita sulla superficie del capo ingloba il colorante pigmento.
  2. La tintura in capo con aggiunta di resina permette la tintura superficiale con coloranti diretti o reattivi, facilitando il trattamento di invecchiamento.
Solidità del colore

La solidità del colore è la capacità di resistere – non solo durante il lavaggio, ma anche nella vita quotidiana – all’azione di agenti esterni come sole, sudore, umidità.

Viene determinata in laboratorio di prove di solidità al colore, sottoponendo i capi al test standardizzato UNI EN ISO 105-B02:2013. Una luce artificiale “D65” con composizione spettrale equivalente a quella solare, ma più intensa, generalmente ad arco allo Xeno, viene utilizzata per simulare l’azione del sole, accelerando il processo per osservarne gli effetti sul lungo periodo.

Fig. 2 – Scala di blu

I risultati di questo test vengono valutati sulla scala dei blu (Fig. 2) anziché su quella dei grigi per il degrado, con un indice che oscilla da 1 (peggiore) a 8 (migliore).
Per determinare il degrado del colore si usa una scala campione costituita da 8 strisce di tessuto di lana tinte in blu, numerate da 1 (solidità alla luce molto debole) a 8 (solidità alla luce molto alta).

Misura della solidità del colore alla luce

Fig. 3 – Apparecchio con lampada ad arco allo Xeno

In Fig. 3 è rappresentato un apparecchio con lampada ad arco allo Xeno costituito dai seguenti componenti:

  • sorgente di luce: lampada ad arco allo Xeno con una temperatura di colore compresa tra 5.500K e 6.550K, posta in una camera di esposizione ben ventilata;
  • filtro per luce, per ridurre l’irraggiamento ultravioletto;
  • filtro di calore, per ridurre l’irraggiamento infrarosso.

Il test prevede di esporre alla luce la provetta e la scala dei blu per un tempo sufficiente a valutare la solidità del colore che la provetta ha in relazione alla scala dei blu. Il campione si copre a metà e viene esposto per 10-30 ore alla luce di un apparecchio che riproduce la luce solare; la parte esposta alla luce così cambia colore e si ottiene un contrasto tra la parte protetta e la parte esposta.

Dopo la prova si ricerca nella scala dei blu il contrasto uguale e si assegna il valore numerico corrispondente (Fig. 4 e Fig. 5).

Per l’abbigliamento:

  • il valore di degrado 4 è buono, non dà luogo a problematiche di sbiaditura durante l’indosso e l’esposizione in negozio;
  • il valore 3/4 non dà problemi al cliente durante l’indosso, ma in negozio può provocare viraggi di colore se il capo è esposto in vetrina o sotto a faretti;
  • il valore 3 può dar luogo a viraggi di colore uniformi durante l’indosso se esposto alla luce e, sicuramente, in negozio può generare forti viraggi di colore in caso di esposizione dietro vetrina o sotto faretti.

Con questo tipo di prova si possono replicare e prevenire le tipiche difettosità da “effetto vetrina”, in cui le temperature e l’intensità dell’illuminazione provocano il degrado delle zone più esposte (Fig. 6).

Fig. 6 – Effetto faretti e vetrina

Il fadeometro

Il fadeometro è un altro apparecchio che, seguendo la norma ISO 105-B04:1994, descrive un metodo per determinare la solidità del colore sui tessili all’azione delle intemperie, determinata mediante esposizione a condizioni di intemperie simulate in una cabina dotata di lampada ad arco di Xeno.

La strumentazione e le scale campione sono le medesime della ISO 105-B02 (Fig. 7 e 8).

Colore: conoscere per prevenire - da Technofashion aprile 2018

La conoscenza del colore e delle strumentazioni usate per la sua valutazione consente di quantificare esattamente le difettosità che si possono evidenziare in fase di lavaggio

Il colore percepito dall’occhio è un fenomeno psichico legato al funzionamento del nostro cervello; è quindi difficile fornirne un modello matematico, da utilizzare nel campo dell’abbigliamento o in altri settori. Ognuno dei cinque sensi riceve infatti stimoli di varia natura che, trasmessi al cervello, vengono tradotti in sensazioni riconoscibili. È possibile riconoscere gli stimoli che danno origine a tali sensazioni, tuttavia tradurli in elementi misurabili è più complicato (in misura maggiore o minore dipendentemente dal tipo di stimolo).

Determinare gli stimoli sensoriali

Per quanto riguarda l’olfatto e il gusto, gli stimoli sono di natura chimica e non ancora misurabili in modo oggettivo, dal momento che sulla maggior parte dei soggetti suscitano reazioni differenti. Gli stimoli dell’udito sono di natura meccanica (onde sonore), pertanto è facile misurarne l’intensità e la frequenza. Anche buona parte degli stimoli relativi al tatto è misurabile con strumenti quali il rugosimetro, il termometro e simili, e di norma le persone mostrano di avere reazioni simili tra loro.

Per il quinto senso, la vista, il discorso è più complesso: lo stimolo che genera la percezione del colore è legato infatti alle proprietà della luce, cioè a radiazioni elettromagnetiche emesse da sorgenti luminose [Fig. 1]. La luce che proviene da una sorgente luminosa interagisce con la materia, e viene da questa modificata.

Fig. 1 – Spettro delle radiazioni visibili

Tuttavia, mentre la luce e le modifiche che subisce da parte della materia sono facilmente misurabili, è più complesso determinare lo stimolo diretto a centri nervosi del nostro cervello da parte della luce stessa. Per questo motivo, le varie teorie finalizzate alla misurazione del colore partono dal presupposto che la maggior parte delle persone abbia una sensibilità cromatica molto simile, che dà forma, luce e colore alle cose nello stesso modo.
Per arrivare a una percezione condivisa abbiamo a disposizione due strumenti, in un certo senso complementari: lo spettrofotometro, che consente di misurare il colore, e il noto “sistema pantone”, che invece consente di comunicare il colore.

Colore nella manutenzione tessile

Per quanto riguarda la manutenzione, ecco alcune situazioni esemplari a cui possiamo fare riferimento:

  1. se un colore si sbiadisce o vira di colore nel lavaggio, è possibile quantificare con lo spettrofotometro il degrado di colore [Fig. 2];
  2. se un capo cambia di colore per effetto del lavaggio è possibile quantificare il degrado di colore utilizzandolo spettrofotometro, che darà coordinate cromatiche molto diverse tra loro;
  3. se un capo con ottico viene lavato ad acqua, può cambiare di colore [vedi in Fig. 3]. Lo spettrofotometro consente di valutare la differenza di colore tra la cintura e il resto;
  4. ciascuno di noi conosce il fenomeno per cui un oggetto colorato osservato sotto una determinata sorgente di luce, come la luce diurna, presenta un colore diverso da quello visto sotto un’altra sorgente, ad esempio la luce di una lampadina a incandescenza. Tale mutamento cromatico, caratteristico di quasi tutti gli oggetti colorati, si chiama metamerismo. Lo spettrofotometro ci consente la lettura del colore del capo esposto alla luce del sole e alla luce del negozio.
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L’articolo continua con:

  • La combinazione di diverse criticità
  • Perché i colori sbiadiscono al sole
  • Tintura a colori naturali, degrado e mordenti
  • Tintura in capo e tintura a freddo: i legami

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