di Patrizia Donati

L’economia circolare nel Sistema Tessile italiano attualmente si verifica in maniera parziale e volontaria, e la raccolta differenziata del Tessile diventerà obbligatoria solo a partire dal 2025.

Per ora le aziende tessili produttrici sono le più coinvolte e attive in questa direzione, e si organizzano seguendo le norme vigenti secondo logistica, mezzi a disposizione, propria disponibilità e coscienza ecologica.

Un progetto per diffondere una metodologia di LCA dei prodotti Tessili

Sui settori della Carta e del Tessile si è focalizzato il webinar organizzato da Innovhub SSI e dalla Camera di commercio di Milano Monza Brianza Lodi. Il fine era quello di monitorare l’interesse da parte delle imprese produttrici tessili verso le tematiche ambientali, promuovendo un percorso tecnico-scientifico di approfondimento sul tema della transizione all’economia circolare, con riferimento alla misurazione degli impatti ambientali delle produzioni.

Palmina Clemente, Responsabile Ambiente ed Economia circolare della Camera di commercio di Milano Monza Brianza Lodi

Il momento di formazione offerto dal webinar, come illustrato dalla Dott.ssa Clemente, è stato il primo step di un progetto che CamCom e Innovhub SSI hanno elaborato per diffondere la metodologia di LCA – analisi del ciclo di vita dei prodotti nel settore Cartario e Tessile. Un secondo passo è stato l’invio di un questionario online alle aziende per sondare la conoscenza della misurazione dell’impatto ambientale, il fabbisogno di economia circolare nel settore e l’effettivo interesse per il progetto; in seguito è prevista la fase di “audit”. Il report conclusivo condividerà i risultati dell’esperienza e racconterà le best practices di settore.

Criteri per una progettazione sostenibile

Per quanto riguarda la filiera tessile, anche se in Italia la raccolta differenziata nella frazione urbana non sarà obbligatoria fino al 2025, nell’arco dell’ultimo decennio si è registrato, a fronte di una riduzione di produzione dei rifiuti tessili urbani, un parallelo aumento della raccolta differenziata.

In conseguenza del recente aumento di interesse da parte del mercato per l’abbigliamento usato e riciclato, il produttore è diventato più attento all’utilizzo di fibre tessili riciclate.
Ma il tasso di prodotti tessili che vengono riciclati rispetto a quelli prodotti rimane molto basso (a livello globale è solo l’1%): questo per via di diversi problemi tecnologici, legati ad esempio alla presenza di fibre diverse nello stesso prodotto e/o a finissaggi funzionali che possono limitare il recupero del materiale sotto forma di riciclo.

Una strada percorribile è quella della progettazione ecocompatibile dei prodotti, per consentire a fine vita un riciclo tecnologicamente ed economicamente conveniente. In quest’ottica sono preferibili le composizioni monomateriale, anche se possono determinare delle problematiche a livello di funzionalità del prodotto finito. Inoltre, le fibre naturali (come cotone, lana, seta) e le fibre biobased sono spesso le scelte migliori grazie alla rinnovabilità della materia prima.

L’ecodesign comporta un approccio scientifico allo studio del prodotto: per questo occorrono parametri standard che aiutino i produttori a ridurre al minimo, in fase di progettazione, i materiali accessori che ostacolano la possibilità di riciclo del prodotto. L’utilizzo dell’analisi del ciclo di vita del prodotto (LCA) in fase di progettazione è uno strumento fondamentale per individuare in azienda le fasi critiche e definire le priorità di interventi volti a migliorare l’impatto ambientale sia di processo sia di prodotto, e per supportare la comunicazione ambientale stessa dell’azienda.

LCA nel Tessile, funzioni e nuove possibilità

Chiara Cappelletti, Innovhub Area Seta

Chiara Cappelletti di Innovhub è entrata nello specifico di metodologie e applicazione in campo tessile dell’LCA, che valuta l’impatto ambientale in termini di flusso di materia ed energia durante il processo produttivo o la vita di un prodotto, fino al suo smaltimento o riciclaggio.
Ha inoltre esposto un esempio di studio LCA, quello condotto da Innovhub nel distretto industriale di Como in collaborazione con l’università Svizzera SUPSI, che ha portato alla definizione delle regole di categoria (PCR) per la certificazione EPD dei prodotti a base seta.

Lucia Rigamonti, Politecnico di Milano, Sezione ambientale – Gruppo di ricerca AWARE

 

L’Ing. Lucia Rigamonti del Politecnico di Milano, Sezione ambientale – Gruppo di ricerca AWARE ha inoltre presentato il percorso per ottenere la dichiarazione ambientale di prodotto EPD – Enviromental Product Declarations.
Tutte le etichette di certificazione ambientale, che sono normate dalla UNI EN ISO 14020, possono essere obbligatorie o volontarie: queste ultime si dividono in 3 tipologie [vedi box] e possono essere semplici autodichiarazioni oppure certificate da enti terzi.

 

I 3 tipi di etichette ambientali volontarie

Tipo I (ISO 14024)

Sottoposto a certificazione esterna. Verifica che il prodotto rispetti dei valori soglia che interessano l’intero ciclo di vita di prodotto. Per ottenere il marchio non è necessario svolgere uno studio di LCA.

Esempio: Ecolabel, per certificare un ridotto impatto ambientale

Tipo II (ISO 14021)

Autocertificazioni.

Esempio: Marchio Riciclabile

Tipo III (ISO 14025)

Sottoposto a certificazione esterna. Verifica la trasparenza del produttore nella comunicazione degli impatti ambientali, ma non attesta che i processi o prodotti sono a basso impatto. Per ottenere questo marchio è necessario svolgere uno studio di LCA, da condurre seguendo specifiche regole contenute in documenti denominati PCR – Product Category Rules.

Esempio: EPD – Environment Product Declarations

 

 

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