EURATEX (Associazione Europea del Tessile-Abbigliamento, presieduta dall’imprenditore Alberto Paccanelli) ha commissionato all’Università di Lovanio uno studio sull’impatto che una Brexit “no deal” avrebbe sull’Industria del Tessile e Abbigliamento.

Nonostante gli sforzi che i negoziatori stanno compiendo, questa prospettiva potrebbe verificarsi se – in assenza di un’intesa sulle future relazioni UE-Regno Unito prima della fine del periodo di transizione – il Withdrawal Agreement non venisse ratificato tempestivamente.

I risultati dello studio svolto rivelano una previsione negativa, con la perdita di oltre 100.000 posti di lavoro per l’UE a 27 e di oltre 27.000 per il Regno Unito.

Il presidente di EURATEX Alberto Paccanelli ha sollecitato i leader politici di entrambe le parti a pensare ai posti di lavoro in gioco, invitandoli a non aggiungere ulteriore peso alle aziende, che cercano di mantenere i livelli occupazionali nonostante l’impatto del Covid-19.

Queste cifre riflettono la legittima preoccupazione delle aziende per una Brexit “no deal”. Le relazioni commerciali UE-Regno Unito sono una componente essenziale del modello di business competitivo, per entrambi gli attori. Per il settore T&A abbiamo offerto una soluzione vantaggiosa per tutti (integrando il Regno Unito nella Convenzione PEM), che limiterebbe al minimo le interruzioni nella catena del valore T&A.Dirk Vantyghem, Direttore Generale di EURATEX

 

I risultati dello studio sull'impatto della Brexit sul T/A

Nel caso di una Brexit “no deal”, le perdite di produzione per il Regno Unito sarebbero pari al 41,8% del valore aggiunto, mentre l’UE-27 nel suo complesso perderebbe circa il 9,7% del suo PIL. Per il Regno Unito ciò corrisponderebbe alla perdita di 27.141 posti di lavoro, mentre per l’UE-27 nel suo complesso la perdita di posti di lavoro sarebbe pari a 101.756. La maggior parte della perdita di posti di lavoro nell’UE a 27 avverrebbe, in ordine decrescente, in Italia, Romania, Portogallo, Germania, Francia, Spagna e Polonia.

Uno scenario “soft Brexit” ridurrebbe i danni, ma sconvolgerebbe comunque le catene del valore Europee e condurrebbe a pesanti perdite di posti di lavoro.
Una “soft Brexit” significherebbe, per il Regno Unito, la perdita di 4.759 posti di lavoro e una perdita di produzione del 7,3% di valore aggiunto; mentre per l’UE a 27 si perderebbero 17.786 posti di lavoro e in produzione l’1,7% di valore aggiunto.

Nel caso di una “hard Brexit”, 27.000, 12.000 e 11.000 posti di lavoro andranno perduti rispettivamente in Italia, Romania e Portogallo: dati che corrispondono a circa il 27%, 12% e 10% della popolazione attiva totale nel settore all’interno dell’UE-27.

Nonostante ciò, facendo una proporzione tra l’impiego nel settore e il PIL del Paese, Irlanda, Belgio, Paesi Bassi, Svezia, Francia, Danimarca e Repubblica Ceca risulterebbero i Paesi più in sofferenza tra gli EU-27, sia in termini di impiego nel settore che in valore aggiunto.
Per Irlanda e Belgio, una Brexit no deal sfocerebbe – rispettivamente – in un -23% e -14% di perdite di posti di lavoro e perdite di produzione pari a -40% e -25% del valore aggiunto settoriale.

[NB] Studio condotto dal Prof. Hylke Vandenbussche, Facoltà di Economia e Commercio dell’Università di Lovanio, Belgio.
Tutti i dettagli disponibili con EURATEX (contattare Roberta Adinolfi – adinolfi@euratex.eu).