Avv. Giuseppe Croari – Dott.ssa Silvia Di Paola
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Correva l’anno 1937, quando la stilista italiana Elsa Schiaparelli iniziava una collaborazione con il celebre maestro surrealista Salvator Dalí. Dal dialogo tra i due artisti nacquero creazioni senza tempo come gli iconici “abito Aragosta” e “cappello a scarpa”.
A partire dagli anni Trenta, dunque, viene ufficialmente sancito il connubio tra Arte e Moda. L’arte diviene non solo fonte di ispirazione per gli attori del Fashion ma assurge, altresì, a protagonista della Moda stessa.
Nel 1965, poi, lo stilista Yves Saint Laurent dà alla luce la cosiddetta “collezione Mondrian”: realizza 6 look di abiti in cui riproduce lo stile geometrico e i toni dei dipinti del celebre pittore olandese Piet Mondrian.
La riproduzione delle opere di Arte nella Moda, nel corso degli anni, prosegue e vede tra i suoi protagonisti, ad esempio:
- il marchio Vans e i dipinti di Van Gogh “Notte stellata” e “Il campo di grano con corvi”;
- il duo di designer Dolce & Gabbana e le opere degli artisti Caravaggio e Raffaello;
- Gianni Versace e la Pop Art di Andy Warhol;
- Alexander McQueen e i dipinti di Botticelli;
- Louis Vuitton e le opere di Jeff Koons.
La riproduzione delle opere d’arte, e nello specifico dei beni culturali, nella moda non è tuttavia “libera” bensì, almeno per quel che riguarda la legislazione italiana, è soggetta a regole, nonché ad autorizzazioni specifiche.
La riproduzione non autorizzata del “David” di Michelangelo e della “Venere” di Botticelli
Risalgono al 2017 i fatti che vedono protagonista l’azienda d’abbigliamento Brioni. Questa aveva utilizzato una copia identica dell’opera del David di Michelangelo, vestendo la statua con lo smoking di sartoria firmato, appunto, Brioni. La fattispecie raggiunse le sedi giudiziarie, in quanto il Ministero della cultura, tramite ricorso, sosteneva che l’azienda Brioni aveva utilizzato l’immagine del David, per scopi commerciali, senza prima ottenere autorizzazione alcuna.
Nel 2022 lo stilista francese Jean Paul Gautier riproduceva, in numerosi capi di abbigliamento della collezione Le Musée, senza autorizzazione, il celebre capolavoro di Sandro Botticelli raffigurante la nascita di Venere. L’amministrazione degli Uffizi, anche in questo caso, adiva il Tribunale di Firenze e lamentava l’utilizzo abusivo dell’immagine della Venere, in quanto bene culturale.
L’ordinamento italiano, secondo l’art. 9, comma 2 Cost., tutela i beni culturali in quanto patrimonio storico e artistico nazionale.
La tutela dei beni culturali
L’art. 107 del codice dei beni culturali, nello specifico, prevede che «Il Ministero, le Regioni e gli altri enti pubblici territoriali possono consentire la riproduzione nonché l’uso strumentale e precario dei beni culturali che abbiano in consegna».
L’art. 108 del codice medesimo prevede, invece, che «i canoni di concessione e i corrispettivi connessi alle riproduzioni di beni culturali sono determinati dall’autorità che ha in consegna i beni […]. I canoni e i corrispettivi sono corrisposti, di regola, in via anticipata. Nessun canone è dovuto per le riproduzioni richieste o eseguite da privati per uso personale o per motivi di studio, ovvero da soggetti pubblici o privati per finalità di valorizzazione, purché attuate senza scopo di lucro».
Dal combinato disposto degli articoli in esame si ricava, dunque, che per motivi di tutela del bene culturale, la riproduzione e più in generale la fruizione dello stesso, laddove sia finalizzata a scopi di lucro, deve essere subordinata ad apposita autorizzazione da parte dell’autorità competente previo, altresì, rilascio di un canone.
L’ordinamento, in questo modo, intende rendere effettiva la tutela del diritto all’immagine del bene culturale, impedendo viceversa che la sua libera fruizione ne svilisca l’originario valore.
Conclusioni
Il dialogo tra moda ed arte sembra essere destinato ad assumere punti di contatto sempre più fitti. In questo senso il compito delle autorità nell’autorizzare la riproduzione dei beni culturali si fa complesso dovendo il bilanciamento prendere in considerazione da un lato il profitto economico derivante dall’autorizzazione, dall’altro il valore del bene culturale in quanto appunto unico.