Pilling: significato. Quando il tessuto fa i pallini?

Per pilling si intende la comparsa di “palline di fibre ”, causate dallo strofinio delle piccolissime fibre superficiali che escono dal filo e si aggrovigliano fimo a formare le palline chiamate “pills”. Spesso si tende ad avere una concezione sbagliata del pilling pensando che sia un difetto di qualità. In realtà, questa è una caratteristica frequente e assolutamente normale del cashmere e della lana fine, che va comunque controllata. La resistenza al pilling si misura con un numero che va da 1 pessimo a 5 ottimo, e un buon capo maglia in cashmere deve arrivare al 3-3/4, ma nessun capo a maglia supererà il valore di 3/4.

Pilling del tessuto: perché si forma e come rimuoverlo

Ecco di seguito qualche considerazione riguardante il fenomeno del pilling.

  1. Più il filo è ritorto, quindi più chiuso, tanto più diventerà meno morbido e gonfio e al tempo stesso il pilling migliorerà. Al contrario, invece, l’uso di un filato gonfio, morbido e leggero, ottenuto con pochi giri di torsione, porterà alla creazione di una maglia delicatissima, che si rovinerà nell’arco di poco tempo e con formazione di pills.
  2. Più la maglia è lenta e più morbida, meno durerà e più pilling farà.
  3. Meno torsioni del singolo e del ritorto comportano una maglia più morbida ma meno resistente al pilling: una ritorcitura corretta medio/alta e un finissaggio ottimale è il miglior compromesso tra mano e resistenza al pilling.
  4. Più le fibre sono sottili e più avranno tendenza al peeling: una maglia in “shetland” (lana ordinaria) avrà sicuramente meno problemi di un Merino’s extrafine o di un cashmere.
  5. Più la fibra è lunga (cashmere a fibra lunga è come quello proveniente dalla Mongolia) e meno pilling farà: un cashmere di lunghezza media di 40mm farà sicuramente meno pilling di una fibra da 35 mm (differenza di almeno un punto nella scala da 1 a 5) ma costerà di più 30 euro/kg.
  6. Pilling nella zona ascellare: il pilling si evidenzia in alcuni punti dove abitualmente la maglia si strofina (fianchi, ascelle, gomiti). Questo fenomeno, comune nel cashmere, si genera perché una volta indossato un capo, il calore del corpo lo scalda e il filo tende ad allargarsi; a questo punto la fibra corta o intermedia esce e si arrotola su se stessa.
Pilling: come ridurre le fastidiosissime palline

Rimuovere pilling: ecco i consigli per ridurlo al minimo

Utilizzare una fibra lunga, aumentare le torsioni, utilizzare un filo ritorto, utilizzare un filo pettinato, fare una maglia più compatta (aumentare le riduzioni), effettuare un finissaggio corretto che consente di recuperare la sofficità inizialmente perso con la maggiore lunghezza, maggiori torsioni e maggiore compattezza. Inoltre, si può mischiare alla lana un 5% di prodotti sintetici come gli elastomeri, che stringono la fibra su se stessa e impediscono l’uscita della fibra corta dal filo.

Oppure si possono effettuare opportuni lavaggi con emulsioni al silicone, che “ricoprono” la maglia di una pellicola invisibile e quindi di fatto “incollano” la fibra intorno al filo. Quest’ultimo è uno stratagemma adottato soprattutto dai produttori cinesi, con la conseguenza che invece di provare la sensazione della lana sulla pelle e sentirsi addosso la natura, si rischia di infilarsi una maglia di silicone.

Altro suggerimento è di lavare i capi il più spesso possibile, in quanto il cashmere ama l’acqua: le fibre, bagnandosi, reagiscono allentandosi mentre, quando si asciugano, tornano allo stato originale. E infine, ciò che si indossa sopra ogni capo di maglieria dovrebbe avere una superficie liscia, con etichette o accessori non particolarmente sporgenti. Per questo si consiglia attenzione nelle abitudini quotidiane, anche le più normali, che hanno un’influenza determinante sulla durata delle nostre maglie: per esempio, sarebbe meglio evitare di portare penne od oggetti rigidi nelle tasche, onde evitare il più possibile il fenomeno del pilling.

Sei abbonato a Technofashion? Leggi l’articolo completo qui

 

Non sei abbonato alla rivista Technofashion? Richiedi gratuitamente l’articolo completo

Pilling. Se lo conosci lo eviti

 

di Vittorio Cianci, Lart

Il pilling è tra i difetti più frequenti e spesso oggetto di contestazione da parte dei consumatori. Ma di cosa si tratta?

Per “pilling” si intende la formazione di peluria e palline di fibre che si manifestano con l’uso e la manutenzione del capo, e gli danno un aspetto invecchiato che in genere spinge il cliente a non acquistare l’indumento o a volerlo restituire.

Fig. 1 – Prova di laboratorio: capo in lana portato da 20 giorni

L’avvento di nuove fibre di finezza sempre più ridotta (basti pensare alle microfibre), le nuove tecnologie sempre più utilizzate (garzatura, smerigliatura…) e la tendenza moda che vuole capi morbidi e leggeri intervengono in senso negativo sulla resistenza al pilling.

Fig. 2 – Prova di laboratorio: aspetto maglia dopo una settimana

Numerose sono le normative per valutarla: indipendentemente dal metodo utilizzato, la resistenza al pilling si esprime con un numero che va da 1 (pessimo) a 5 (ottimo) utilizzando una scala di riferimento universale.

Gli strumenti di laboratorio utilizzati per valutare la resistenza al pilling sono vari, anche se la scala di riferimento è la stessa. Lo stesso capo, quando testato, dà risultati diversi a seconda delle strumentazioni utilizzate in conformità alle norme; di conseguenza l’interpretazione dei risultati dei test crea confusione e incertezza sul comportamento dei capi durante l’indosso.

 

Normative e relative strumentazioni

Le normative di riferimento utilizzate per le prove di pilling sono fondamentalmente 3:

  1. Apparecchio ICI box (ISO 12945-1/02) (Fig. 3);
  2. Apparecchio Martindale modificato (UNI EN ISO 12945-2/02) (Fig. 4);
  3. Apparecchio random tumble pilling tester (ASTM D 3512/95) (Fig. 5).

Facciamo qualche esempio di test sullo stesso capo che, a seconda delle strumentazioni utilizzate in conformità alle norme, danno risultati diversi.

Esempio 1

Prova di pilling su t-shirt jersey in cotone modale da circolare finezza 28, peso 120 g/m2 (tessuto a maglia da circolare molto battuto). Nelle Fig. 6-7-8 è rappresentato l’aspetto del test di laboratorio condotto con tre metodi e con risultati diversi:

  • Pilling ICI: comportamento medio, giudizio 3;
  • Martinale modificato: comportamento pessimo, giudizio 2;
  • Random: comportamento buono, giudizio 4.

 

Esempio 2

Prova di pilling su maglia da rettile a finezza 12, 100% cashmere (tessuto a maglia da rettilinea molto aperto). Nelle Fig. 9-10-11 è rappresentato l’aspetto del test di laboratorio condotto con tre metodi e con risultati diversi:

  • Pilling ICI: comportamento mediocre, giudizio 3;
  • Martinale modificato: comportamento insufficiente, giudizio 2;
  • Random tester: comportamento abbastanza buono, giudizio 3/4.

Di fronte a tali risultati diversi tra loro, eseguiti sullo stesso campione con normative diverse, la domanda da porsi è la seguente: l’aspetto della t-shirt o della maglia di cashmere durante l’indosso sarà accettabile o contestato, con riferimento alla formazione di pills?

Per rispondere a tale domanda è necessario:

  • conoscere le varie normative di riferimento e le relative strumentazioni;
  • stabilire per ciascuna normativa quali sono le sollecitazioni corrispondenti cui il capo è sottoposto (indosso, sfregamento…);
  • considerare la composizione del capo e la sua struttura (se aperta o chiusa, se tessuto a maglia o a navetta…);
  • effettuare prove di indosso in vari tempi successivi, correlando l’aspetto del capo ai vari tempi di indosso e ai risultati dei test di laboratorio eseguiti secondo le varie normative.

Sei abbonato a Technofashion? Leggi l’articolo completo su TCF giugno 2021

Non sei abbonato alla rivista Technofashion? Richiedi gratuitamente l’articolo completo