La startup australiana Nanollose presenta Nullarbor, il primo filato di rayon ottenuto grazie alla conversione microbica della biomassa in cellulosa: un eco-tessuto prodotto dalla fibre del cocco, con cui rimpiazzare la viscosa ottenuta dalla polpa di legno e dal cotone.

Nanollose ha creato un sistema di produzione tessile a basso impatto ambientale partendo da batteri e rifiuti. Il progetto si inserisce all’interno del recente trend ecologico che ormai caratterizza il settore dell’abbigliamento: dai capi prodotti con il riciclo delle bottiglie in plastica alle ecopelli ottenute da vinacce e bucce d’arance, l’industria della moda sta investendo in una valida alternativa commerciale che riscuote successo tra i consumatori.

Gli obiettivi di Nullarbor

Alfie Germano, CEO di Nanollose, ha spiegato che l’obiettivo è ridurre «la dipendenza dell’industria da materie prime ecologicamente gravose». Nullarbor deriva da una materia prima costituita con scarti dell’industria del cocco, ma il processo può potenzialmente adattarsi a diversi tipi di rifiuti organici, utilizzando pochissima acqua ed energia.

Attualmente l’azienda utilizza sottoprodotti della noce di cocco provenienti dall’Indonesia, che sono sintetizzati e trasformati in fibre di viscosa tramite la tecnologia brevettata dalla startup. Ma per passare alla produzione su larga scala, Nanollose è pronta ad aprire le porte della sua “fermented fashion” anche a scarti dei birrifici e delle aziende vitivinicole. «Per creare le fibre di rayon attualmente utilizzate nell’abbigliamento è necessario abbattere un alto numero di alberi, farli a pezzi e trattarli  con sostanze chimiche pericolose; per produrre abbastanza cotone per una singola t-shirt sono necessari 2.700 litri di acqua» sottolinea Germano.

Il filato e l’eco-tessuto finale sono prodotti tramite l’utilizzo di attrezzature industriali standard, dunque per i produttori di abbigliamento portare il processo su scala commerciale non richiederà nessun intervento sui macchinari.