Avv. Gianluigi Fioriglio – Dott.ssa Emanuela Muri
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Secondo il report Ghost Data redatto dalla società di data analysis Business Insider, il numero di account attivi sui principali social network che vendono prodotti contraffatti dal 2016 ad oggi è cresciuto del 171%. Nonostante i divieti assoluti dei gestori dei marketplace, è molto facile trovare capi di abbigliamento, borse, scarpe e gioielli contraffatti. Ma come evitare che ciò accada?

Come contrastare la vendita di prodotti contraffatti

I marketplace adottano da tempo diversi strumenti, estremamente all’avanguardia, per controllare e combattere il fenomeno. Team di esperti, appositamente creati, si occupano della scansione del sistema e delle eventuali successive segnalazioni, sfruttando l’intelligenza artificiale, i processi di machine learning e di image recognition.

Gli strumenti di controllo maggiormente adottati sono due. Il primo è un controllo preventivo e prevede che l’annuncio possa essere pubblicato solamente a seguito dell’approvazione da parte del gestore. In tal modo il social network potrà controllare prima della pubblicazione se quell’annuncio ha ad oggetto prodotti contraffatti e impedirne in tal caso la pubblicazione.
Il secondo è un controllo successivo alla pubblicazione dell’annuncio ed è conosciuto come notice&takedown. Questo strumento permette a chiunque, privati e aziende, mediante la compilazione di form dedicati, di segnalare un prodotto contraffatto, un post che lo contiene o un utente che ne è il venditore. I gestori dei social network, in virtù dei principi di proattività e di reattività, si impegnano a esaminare e rimuovere gli annunci segnalati nel più breve tempo possibile, generalmente entro 24 ore dalla ricezione.

L’acquirente è tutelato?

Tutto ciò, però, non sembra essere sufficiente ad azzerare completamente il rischio ed evitare la pubblicazione di tali annunci. Inevitabilmente, le conseguenze di questo dilagante fenomeno si ripercuotono sempre sull’acquirente, che non viene in nessun modo garantito.

Il marketplace, infatti, è solo una piattaforma sulla quale privati si incontrano e si accordano. Il social network non partecipa agli accordi tra acquirente e venditore né gestisce i pagamenti che, quindi, avvengono privatamente. Di conseguenza l’acquirente, trattandosi di accordi tra consumatori, non può godere della tutela riconosciuta dal Codice del consumo (applicabile solamente ai rapporti tra B2C – Business to Consumer, per tutelare il consumatore, quale parte debole del contratto), e in caso di truffa dovrà risolvere la questione direttamente con il venditore.

I rischi per il venditore

L’unico responsabile della qualità dei prodotti è il venditore, che di certo non può rimanere indenne. Sarebbero diversi i reati di cui potrebbe essere accusato. Primo tra tutti la truffa, prevista dall’art. 640 del Codice penale. L’aver commesso il reato tramite internet, secondo la giurisprudenza della Corte di Cassazione, significa aver approfittato di circostanze di luogo tali da ostacolare la difesa dell’acquirente, che evidentemente non poteva verificare l’originalità dei prodotti acquistati. Questa circostanza aggravante fa aumentare le pene previste per la truffa, tanto da poter raggiungere i cinque anni di reclusione. Non solo.
L’ordinamento giuridico italiano punisce chiunque ponga in vendita al fine di trarne profitto prodotti industriali con marchi o altri segni distintivi contraffatti. Questo è un delitto previsto dall’art. 474 del Codice penale e viene punito con la reclusione sino a due anni e la multa sino a 20.000 euro.  Ma neanche la responsabilità penale del venditore tutela l’acquirente.

Pertanto, occorre che chi intenda acquistare un prodotto su un marketplace, non faccia solo affidamento sugli strumenti anticontraffazione adottati dal gestore, ma segua la normativa sulle vendite e le cosiddette best practices previste dal marketplace stesso.
E laddove vi fosse un dubbio, nell’incertezza segnalate!

 

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