Avv. Giuseppe Croari – Avv. Maria Corso
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Lo scorso 12 marzo il Parlamento Europeo ha votato a sostegno dell’adozione della direttiva “Green Claims”, introdotta per la prima volta dalla Commissione Europea nella primavera del 2023 con l’obiettivo di arginare il diffuso fenomeno del Greenwashing nel settore del Fashion (e non solo).

L’approvazione della direttiva Green Claims segna un significativo passo avanti nella lotta al greenwashing nei mercati europei.

Tuttavia, le aziende dovranno adeguarsi in modo proattivo e investire in capacità di conformità per evitare sanzioni finanziarie.

Non è un’impresa da poco, ma è essenziale per rimanere competitivi sul mercato e andrà a beneficio delle aziende a lungo termine.Abbie Morris, AD della piattaforma tecnologica di conformità ESG Compare Ethics

Dimostrare le dichiarazioni di sostenibilità

Il relatore della Commissione per l’ambiente del Parlamento Europeo, Cyrus Engerer, ha dichiarato che è priorità dell’Unione Europea porre fine alle politiche di marketing incentrate sul ‘verde’ e sulla sostenibilità che ormai da anni ingannano i consumatori.

Motivo per cui ogni operatore economico sarà tenuto a garantire la veridicità delle proprie dichiarazioni.

In buona sostanza, a meno che non si riesca a dimostrare quanto dichiarato, sarà vietato l’uso di generici slogan, come, ad esempio “ecologico”, “eco”, “verde”, “sostenibile”, “realizzato con plastica riciclata”, ecc..

La direttiva Green Claims

La cd. direttiva “Green Claims”, ovvero la direttiva 2024/825/UE (“Responsabilizzazione dei consumatori per la transizione verde mediante il miglioramento della tutela dalle pratiche sleali e dell’informazione”, che modifica la Direttiva 2005/29/Ce sulle pratiche commerciali sleali) è in vigore dal 26 marzo 2024.

Si inserisce in un quadro normativo più ampio, avviato già nel marzo del 2022 con un progetto volto a tutelare e responsabilizzare i consumatori e renderli parte attiva della transizione verde e non più passivi destinatari di aggressive campagne di marketing.

Le ragioni della direttiva

Il motivo dell’attuale allarmismo è dovuto ai risultati delle ricerche compiute nel corso degli anni dalla Commissione Europea, che evidenziano come oltre 232 marchi ecologici esistenti nel territorio dell’Unione non presentano gli stessi standard di trasparenza.

Inoltre:

  • il 53,3% delle dichiarazioni ambientali esaminate nell’Ue sono risultate vaghe, fuorvianti o infondate;
  • il 40% delle dichiarazioni green non è comprovato da evidenze certe;
  • la metà di tutte le etichette “verdi” presentavano lacune sulla verificabilità e nelle certificazioni.

Sistemi di etichettatura esistenti e nuovi

A partire dalla data di entrata in vigore della direttiva, gli Stati membri non possono dare vita a nuovi sistemi nazionali e/o regionali di etichettatura ambientale, se non conformi al diritto europeo e alle disposizioni contenute nella presente direttiva.

I sistemi di etichettatura ambientale preesistenti potranno continuare a rilasciare certificazioni ambientali all’interno del territorio dell’Unione Europea a condizione, però, che soddisfino le prescrizioni della direttiva.

La direttiva Green Claims
All’interno della “Green Claims” vengono chiariti due concetti fondamentali.

SISTEMA DI CERTIFICAZIONE (AMBIENTALE)

È un sistema di verifica da parte di terzi che – nel rispetto di condizioni trasparenti, eque e non discriminatorie – è aperto a tutti i professionisti disposti e in grado di conformarsi ai suoi requisiti.

Certifica che un dato prodotto è conforme a determinati requisiti e nel cui ambito il monitoraggio della conformità è oggettivo, basato su norme e procedure internazionali, unionali o nazionali, ed è svolto da un soggetto che è indipendente sia dal titolare del sistema sia dal professionista.

PARTE TERZA

Con “parte terza” si intende quel soggetto indipendente ed estraneo sia rispetto al titolare del sistema di certificazione sia rispetto all’azienda che ne chiede la certificazione.

Se il soggetto che effettua le verifiche (“parte terza”) è in alcun modo connesso con l’azienda che rilascia le relative certificazioni, si configura l’ipotesi di pratica commerciale sleale, passibile di sanzioni attuate dagli Stati dell’Unione Europea.