di Avv. Giuseppe Croari – Dott. Pietro Sambataro
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Il contratto di franchising è uno degli strumenti privilegiati per la gestione dei rapporti B2B e disciplinato nell’ordinamento italiano come “affiliazione commerciale” (legge 6 maggio 2004, n. 129).

Rappresenta uno schema contrattuale di successo per la commercializzazione di abbigliamento, ma cela delle insidie a cui è bene prestare attenzione.

Qual è lo schema contrattuale del franchising?

Il franchising è il contratto con cui un’impresa, il franchisor (l’affiliante), individua un altro soggetto, il franchisee (l’affiliato), affinché questi entri a far parte della sua rete di distribuzione di beni e servizi.

Il franchisor sarà sempre un operatore affermato nel mercato di riferimento, con una formula commerciale già sperimentata e rodata (art. 3, comma 2, legge 6 maggio 2004, n. 129), mentre il franchisee potrà essere anche alle prime armi o partire assolutamente da zero.

Tradotto in termini giuridici, fra i due soggetti avverrà il seguente scambio:

  • il franchisor concede al franchisee, inserendolo nella propria rete commerciale, “un insieme di diritti di proprietà industriale o intellettuale relativi a marchi, denominazioni commerciali, insegne, modelli di utilità, disegni, diritti di autore, know-how, brevetti, assistenza o consulenza tecnica e commerciale” (art. 1, comma 1, legge 6 maggio 2004, n. 129).
  • il franchisee corrisponderà un compenso per quanto ricevuto, sotto forma di “diritto di ingresso” – al momento della stipula del contratto – e di royalties – in misura fissa o commisurata al giro d’affari.

Lo squilibrio fisiologico fra le parti

Per comprendere questa operazione economica, è fondamentale considerare l’asimmetria “fisiologica” che intercorre fra franchisor, in una posizione di forza, e franchisee, tipicamente soggetto debole.

L’affiliato, infatti, entra nell’orbita economica dell’affiliante ed è esposto al rischio di ingerenze esterne nello svolgimento della sua attività d’impresa.

Ancora, in vista dell’affiliazione, egli dovrà spesso effettuare degli investimenti iniziali, tipicamente connotati da un alto grado di specificità e dunque inevitabilmente difficili – quando non impossibili – da riconvertire in attività diverse al termine del rapporto con il franchisor.

Per mitigare il rischio di un’eccessiva dipendenza dell’affiliato all’affiliante, la legge ha previsto numerosi obblighi in informazione precontrattuali, anteriori alla conclusione dell’accordo di franchising (art. 4 dalla L. n. 129/2004).

Ad esempio, almeno 30 giorni prima della firma dell’accordo, il franchisor dovrà rendere noto al franchisee:

  • una sintetica illustrazione degli elementi caratterizzanti l’attività oggetto dell’affiliazione commerciale (lett. c);
  • una lista dei soggetti già affiliati e dei punti vendita diretti dell’affiliante (lett. d);
  • l’indicazione della variazione, anno per anno, del numero degli affiliati con relativa ubicazione negli ultimi tre anni o dalla data di inizio dell’attività dell’affiliante, qualora esso sia avvenuto da meno di tre anni (lett. e).

Un caso giuridico esemplare

Al riguardo, è utile prendere spunto da un caso affrontato dall’AGCM – Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato. La vicenda non è chiusa, pertanto non avremo la pretesa di stabilire chi abbia torto e chi ragione.

L’AGCM, con provvedimento del 17 novembre 2020, ha avviato l’istruttoria nei confronti di un’importante realtà italiana operante nel settore della Moda (di seguito, “B.”) per condotte poste in essere ai danni di un franchisee che avrebbero asseritamente realizzato un abuso di dipendenza economica.

I contratti di franchising intercorsi tra i due avrebbero ostacolato, se non addirittura impedito, lo svolgimento in utile dell’attività dell’affiliato, fino a causarne la cessazione: la rigidità e l’onerosità dei termini dell’accordo di franchising, infatti, sarebbero state tali da far piombare il franchisee in uno stato di dipendenza economica e gli avrebbero altresì precluso di ricercare sul mercato alternative commerciali soddisfacenti.

Fra le varie clausole pattuite e analizzate dall’AGCM, di particolare interesse appaiono quelle che disciplinano lo svolgimento di attività commerciale da parte del franchisee. Secondo l’AGCM, tali clausole avrebbero impedito al franchisee di gestire in autonomia la propria attività commerciale.

 

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