Avv. Cristina Brilli – Dott.ssa Alice Rinauro

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Probabilmente molti ricorderanno i film degli anni Ottanta e Novanta ambientati nel futuro, in cui venivano proposti oggetti tecnologici capaci di migliorare la vita quotidiana delle persone, come le scarpe auto-allaccianti del film “Ritorno dal futuro” parte II (1989), oppure il make – up istantaneo de “Il quinto elemento” (1997).

Oggi la tecnologia è andata ben oltre e, grazie all’impiego dell’Intelligenza Artificiale e di materiali innovativi, ha influenzato fortemente anche il mondo della Moda e del Fashion. Si è iniziato con gli orologi hi-tech che, oltre a dare informazioni sull’ora, monitorano l’attività cardiaca, il sonno, le calorie e sono in grado di ricevere telefonate e mandare messaggi. Oggi si parla di indumenti hi-tech e accessori smart, dotati delle più svariate funzionalità, come capi d’abbigliamento in grado di correggere la postura di chi li indossa, maglie con sensori per il rilevamento dei parametri biometrici e borse munite di dispositivi di geolocalizzazione per conoscerne sempre la posizione.

I rischi del Fashion Tech

Per quanto questo sposalizio tra tecnologia e Fashion sia affascinante e permetta di migliorare la vita quotidiana, è importante porre attenzione ad alcuni aspetti che possono nascondere dei rischi, anche elevati, per i consumatori.

Una conseguenza dell’utilizzo massiccio della tecnologia anche nei capi di abbigliamento e negli accessori è, infatti, la raccolta di una quantità enorme di dati personali. Diventa, quindi, essenziale chiedersi e verificare dove finiscono tutte le informazioni raccolte da questi dispositivi e come garantire una tutela effettiva dall’eventualità di utilizzi non consentiti, addirittura a insaputa degli stessi produttori.

GDPR: la protezione dei dati

A tutte queste domande ha cercato di dare una risposta concreta, come è ormai noto, la normativa europea sulla protezione dei dati personali, in particolare, con cosiddetto GDPR (General Data Protection Regulation, n. 679/2016). Per riuscire a mantenere elasticità e capacità di adattarsi alla costante evoluzione tecnologica che caratterizza la nostra epoca, il GDPR è struttura per principi generali in grado di adattarsi a qualsiasi contesto in cui vi sia un trattamento di dati di persone fisiche.

Questo almeno a livello teorico, perché, a un anno e mezzo dall’introduzione di tale normativa, si stanno ancora affrontando non poche criticità determinate dalla sua concreta applicazione.  Prendiamo ad esempio alcuni dei più importanti principi previsti dal GDPR, come:

  • il principio di trasparenza rispetto alle modalità e alle caratteristiche del trattamento;
  • il principio di integrità e riservatezza dei dati, secondo cui ogni operazione avente ad oggetto dati personali deve essere assistita da adeguati sistemi di sicurezza, fisici ed informatici, e non deve essere accessibile a terzi.

Non appena si prova a dare concretezza a tali principi, si capisce subito che non è così facile fornire agli interessati informazioni esaurienti e concrete su come vengono trattati i dati, che consentano effettivamente di acquisire consapevolezza in merito alla destinazione e all’uso che i dispositivi hi-tech fanno delle informazioni raccolte.

Allo stesso modo, un altro punto debole riguarda i sistemi di sicurezza informatica adottati e l’impiego di misure di protezione adeguate. Il rischio frequente è, infatti, che tali dispositivi siano altamente vulnerabili e possano diventare facilmente obiettivi di attacchi informatici, con conseguente perdita di dati personali, anche particolarmente sensibili (si pensi ai dati biometrici sempre più spesso oggetto di dispositivi innovativi). Per superare queste criticità, è fondamentale che allo sviluppo tecnologico siano costantemente affiancati un attento controllo dei flussi di dati, così da saper descrivere dettagliatamente ai consumatori quali dati vengono raccolti, per farci cosa e con chi vengono condivisi, e l’adozione di specifiche misure di sicurezza, che diano una tutela concreta ai sistemi utilizzati. Questa attenzione è necessaria non solo per evitare di incorrere in sanzioni anche molto elevate da parte dell’Autorità Garante, ma anche per poter presentare sul mercato dei prodotti competitivi e che non mettano a rischio i diritti e le libertà di chi li utilizza.

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