Si è aperto nei giorni scorsi a Milano il confronto per il rinnovo del Contratto Collettivo Nazionale di Lavoro del Tessile-Abbigliamento che interessa circa 450.000 addetti e oltre 50.000 aziende. Michele Tronconi, Presidente di Sistema Moda Italia, che ha la rappresentanza negoziale nella vertenza, ha presentato un documento in cui sono stati focalizzati i principali problemi del settore che devono essere affrontati congiuntamente con Femca-Cisl, Filctem-Cgil e Uiltec-Uil e nel quale SMI propone alle organizzazioni sindacali l’esigenza di un patto di alto profilo tra imprese e lavoratori, per salvaguardare l’integrità della filiera e, di conseguenza, sostenere l’occupazione.
La crisi ha prodotto uno schiacciamento della redditività delle imprese del settore, che si evidenzia bene dall’analisi dei relativi bilanci. Da tale analisi si scopre che il 40% circa dell’imprese del settore ha registrato una perdita di bilancio, nel 2011. Considerando la forte dispersione attorno ai dati medi, sia per il tessile che per l’abbigliamento, significa che il settore è composto, in pratica, da poche imprese che guadagnano molto, soprattutto grazie all’esportazione, e tantissime altre che non guadagnano affatto. Inoltre, il ridimensionamento delle imprese o la loro chiusura, spesso per via concorsuale o fallimentare, produce sia minore produzione, ma anche minore occupazione; tant’è che tra il 2007 e il 2011, l’occupazione è calata del 13%, mentre la produzione è crollata del 16%, con un ulteriore arretramento del 10% nel 2012.
“Le richieste economiche avanzate dai Sindacati sono eccessive – ha detto Michele Tronconi – e comunque incoerenti rispetto alle regole sugli assetti contrattuali, definite a livello interconfederale, mentre le proposte normative, figlie di un approccio tradizionale alla contrattazione, porterebbero a un ulteriore appesantimento degli oneri organizzativi per le imprese”.
“In prospettiva – ha aggiunto Tronconi – la nostra industria non ha un problema di domanda, se si dimentica, per un attimo, quella interna, ma deve affrontare un grande problema di ‘capacità di offerta’. Dove il primo problema sta nel ridimensionamento dei costi di produzione e nel miglioramento della produttività”.
“La sfida da cogliere – si dice nel documento – è quella di trasformare le relazioni industriali e lo stesso ccnl in uno strumento di politica industriale dal basso. Insieme dovremo bussare alla porta del nuovo Governo che verrà per metterlo di fronte alle sue responsabilità nei confronti dei lavoratori e delle lavoratrici, così come delle imprese, del nostro settore. Perché spetta anche al Governo decidere se il settore della Moda – che è tra i primi per forza occupata nell’ambito dell’industria manifatturiera del Paese, che contribuisce in modo decisivo a riequilibrare la nostra bilancia commerciale e a tenere alta nel mondo la considerazione per l’Italia, per la sua cultura ed i suoi valori – meriti o meno di essere sostenuto in questo momento, cruciale per il suo futuro. Non bastano parole di stima o l’invito all’ottimismo, per quanto necessario, per finanziare gli investimenti, o pagare gli stipendi, quando arretrano i ricavi. Abbiamo bisogno di meno imposte sul lavoro e sul reddito d’impresa”.