Primocapo nasce da Cristina Ricchi, 50 anni, e Chiara Dolciotti, 24 anni, all’utilizzo dei software per la prototipia, e Valentina Valendino, 41 anni, alla cura del prodotto e del cliente. «Primocapo» di loro stesse, queste tre donne realizzano il «primo capo» delle collezioni moda, uomo donna e bambino. Hanno sede nelle Marche, a Jesi dove abitano e dove si sono fatte già conoscere nel settore del tessile e abbigliamento. Settore dove ora molto del loro lavoro è affidato al buon uso di una buona tecnologia. A parlarcene è Valentina.

L’autoimprenditorialità al femminile di Primocapo

«Io, Chiara e Cristina siamo tre amiche, ex colleghe di lavoro», racconta Valentina, dando voce al gruppo delle tre socie e ricordando il passato comune in un’altra azienda del settore, sempre in zona Jesi nell’anconetano. «Trent’anni di esperienza Cristina e una decina io; lei come modellista e io nella gestione di produzione e clientela. Poi le cose hanno iniziato a non andar tanto bene. Ci chiedevamo che fine avremmo fatto e così abbiamo deciso di provarci e di metterci in proprio. Siamo uscite dalla vecchia ditta a marzo 2016 e alla fine di quello stesso anno eravamo imprenditrici di noi stesse. È allora che abbiamo infatti aperto il nostro ufficio al pubblico, dopo aver costituito la società tra noi in giugno, preso tutte le informazioni che ci servivano per la scelta dei programmi più adatti al nostro obiettivo e partecipato ai bandi di finanziamento pubblici come quelli regionali per le start-up e l’imprenditoria femminile. Non appena sono arrivati i macchinari, siam partite nella nostra nuova avventura assieme».

Il nome, il progetto

«Inizialmente non sapevamo scegliere come avremmo voluto chiamarci», fa presente Valentina, rendendo in un solo momento tangibili anche tutte le incertezze, banali e meno, dei primi tempi; «poi un giorno parlando con il nostro commercialista di quello che avevamo intenzione di fare, del nostro progetto aziendale, lui giustamente ci ha detto: «voi fate il primo capo» e il suo input ci ha immediatamente illuminate. Avevamo trovato come battezzare la nostra attività: Primocapo, era semplice, già tutto scritto in quel nome. È così: noi partiamo dal disegno, che può mandarci lo stilista o il cliente, e da lì realizziamo il modello a monitor; lo stampiamo e quindi il capo viene tagliato e cucito, per diventare campionario prima e abbigliamento in produzione di serie poi».

Compiti personali e competenze tecnologiche

«Ci siamo suddivisi i ruoli tra noi sulla base delle precedenti esperienze e abilità già acquisite», riassume ancora Valentina, entrando nel vivo del discorso produttivo. «Così Chiara e Cristina si preoccupano della modellistica, della vestibilità e dello sdifettamento dei capi, mentre io mi prendo cura di tutto quello che riguarda la parte produttiva e amministrativa, dal rapporto con i clienti alla supervisione del prodotto. Ossia io gestisco tutte le problematiche organizzative del lavoro, mentre loro realizzano tutto ciò che il cliente può richiederci: dal prototipo, al modello di campionario alla piccola linea produttiva. Al momento abbiamo trovato sistemazione all’interno di un laboratorio di una novantina di metri quadrati che abbiamo preso in affitto qui a Jesi. Ma le cose, nonostante la nostra attività sia ancora giovane, stanno andando molto bene, per cui avremmo intenzione anche a breve di ingrandirci. Proprio come necessità, visto che, fortunatamente, la mole di lavoro richiede spazi maggiori per gestire tutti i processi. Attualmente, non abbiamo bisogno di molto. Lavoriamo con tre computer: il mio, che non ha installati particolari programmi se non quello per la gestione amministrativa dei flussi di lavoro, e i due computer delle mie socie su cui sono installati i software specifici che usano le modelliste. Quindi abbiamo un macchinario per il plottaggio e una penna per la digitalizzazione dei modelli, utile quando il cliente ci porta un campione già fatto; il tavolo da taglio e alcune scaffalature. Se il cliente ci fornisce il modello già fatto, noi lo inseriamo direttamente a computer, altrimenti può essere che ci richieda di lavorare a un nuovo disegno, da cui sviluppare le misure per la sua vestibilità. Da qui partiamo per realizzare il primo capo».

L’importanza del software

La parola passa a Cristina, «decana» nel lavoro di sviluppo CAD/CAM e quindi ovviamente la persona più adatta a parlarne, quella a più stretto contatto, quotidiano, con l’utilizzo del software per la creazione dei modelli. «Per il fashion design e la prototipazione virtuale in 3D il programma che usiamo offre una buona stabilità di base con il PDS (Pattern Design Software). Con questo procediamo a fare le modifiche quando ci arriva il disegno del cliente e quindi sviluppiamo le taglie secondo le sue richieste, per esempio 4 centimetri per taglia al torace, o altro…

Continua a leggere a pag. 60 di Technofashion – ottobre 2017

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