Non si può più ignorare che le nuove generazioni danno sempre più importanza alla sostenibilità, tanto nella vita privata quanto in ambito professionale. L’educazione gioca un ruolo fondamentale nella formazione dei clienti e dei lavoratori del futuro

 

«Penso fosse l’inizio del 2018 quando per la prima volta abbiamo pensato “Ci siamo, è il momento della svolta”. Abbiamo percepito un’impennata a livello di interesse pubblico». Questo è ciò che racconta Amanda Johnston, docente e Student Enterprise and Employability Academic Coordinator presso il London College of Fashion (LCF), nonché consulente e curatrice dell’organizzazione no-profit “The Sustainable Angle”. «Il livello di consapevolezza ha raggiunto un punto di svolta per quanto riguarda l’ambiente» continua Amanda. «C’è un senso di irrequietezza nell’aria, anche nel mondo imprenditoriale».

Nel 2018 il numero di ricerche online relative alla Moda green ha visto un aumento pari quasi al doppio, accompagnato da una crescita esponenziale a livello globale del numero di consumatori interessati all’aspetto sostenibile di prodotti e servizi, specialmente tra le nuove generazioni. Quando un consumatore su due rivela che la sostenibilità influisce sulla scelta di un brand rispetto a un altro, appare evidente che comunicare gli sforzi compiuti in ambito sostenibile è ormai imperativo. Tuttavia, molti marchi non trasmettono al cliente le proprie iniziative green o i propri aspetti sostenibili perché consapevoli di non essere “perfetti”, e per timore dell’opinione pubblica, spiega Amanda. «Inoltre, sia il linguaggio sia i concetti connessi alla sostenibilità sono complessi, poiché intersecano vari ambiti anche tecnici, e i consumatori spesso non hanno le risorse necessarie per accedervi e comprenderli. Ai miei studenti consiglio di leggere una pila di sei libri sulla sostenibilità, ma di certo non ci si può aspettare lo stesso da un cliente!»

Amanda Johnston, docente e Student Enterprise and Employability Academic Coordinator presso il London College of Fashion (LCF), e consulente e curatrice dell’organizzazione no-profit “The Sustainable Angle”

La sostenibilità nelle aziende, tra ostacoli e aspettative

Nonostante ciò, è importante educare i consumatori, soprattutto durante questo momento di particolare recettività. Con un sorriso Amanda ricorda che due settimane dopo la trasmissione di Blue Planet, la serie di documentari naturalistici condotti da Sir David Attenborough, tutte le cannucce di plastica sono sparite dai locali di Londra.

Comunicare con la clientela e integrare la sostenibilità in ambito aziendale, senza dubbio, non è semplice. Per piccoli brand e startup apportare cambiamenti su scala ridotta, o prendere decisioni su come operare responsabilmente fin dall’inizio, è più a portata di mano; ma, sottolinea Amanda Johnston, «è necessario riconoscere che per i brand più grandi e per organizzazioni sviluppate su scala maggiore, modificare le proprie dinamiche aziendali e procedere in una direzione più green può costituire una sfida». Gabrielle Miller, docente e membro del Centre for Sustainable Fashion (centro di ricerca internazionale per la Moda e la sostenibilità) presso LCF, spiega che per far fronte alla rapida evoluzione della clientela il mondo dell’industria sta volgendo lo sguardo verso le nuove generazioni alla ricerca di nuovi talenti, idee e conoscenze aggiornate nell’ambito della sostenibilità. E i diretti interessati ne sono consapevoli.

Quando la Moda è no-profit

The Sustainable Angle è un’organizzazione no-profit che si occupa della ricerca e promozione di innovazioni nell’ambito di tessili e materiali a ridotto impatto ambientale per l’Industria della Moda. L’associazione supporta progetti, startup e aziende affermate tramite eventi informativi, come Future Fabrics Expo, e risorse educative atte a sensibilizzare l’industria sull’impatto dell’intera supply chain.

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