Avv. Giuseppe Croari – Dott. Michele Miccoli
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Secondo recenti studi condotti dalla Agenza Europea per l’Ambiente, la manifattura tessile occupa il quarto posto per il maggior uso di materie prime vergini e acqua e il quinto per emissione di gas serra. Al fronte di questi dati poco incoraggianti relativi alla produzione di capi d’abbigliamento, calzature e tessili per l’arredamento, si pensi che solo 1% di questi prodotti viene riciclato in tutto il mondo. Si stima che il consumo medio di ogni cittadino europeo si aggiri intorno ai 26 kg di tessuti l’anno, mentre per la produzione di una sola maglietta vengono utilizzati oltre 2700 litri d’acqua. Allo stesso tempo è un comparto che occupa oltre 1.7 milioni di cittadini europei.

Gli strumenti in campo

La Commissione Europea, nell’ambito del più ampio Green Deal europeo, ha adottato nel 2020 un Nuovo Piano d’Azione per l’economia circolare. Qui viene affermato con forza che la transizione graduale verso un sistema economico sostenibile è indispensabile e irreversibile, sottolineando anche come tale processo risulterà in definitiva economicamente vantaggioso per le imprese e per il mercato del lavoro. Il piano proposto, infatti, permetterà la creazione di nuovi posti di lavoro in tutta Europa e aumenterà la redditività delle imprese manifatturiere, le quali, adottando modelli di produzione a ciclo chiuso, potranno ridurre la spesa per l’acquisto di nuovi materiali.
Fondamentale è anche il contributo che l’adozione di modelli di produzione circolari potrebbe produrre nei confronti dei cittadini europei. Invero, la tendenza dovrà essere quella, sin dalle prime fasi di progettazione, ad esempio, di un nuovo capo d’abbigliamento o di nuovi tessili, di garantire prodotti finiti di migliore qualità, più durevoli, e più facilmente riutilizzabili, riparabili e riciclabili.
Il processo è stato avviato e vede la partecipazione di tantissimi attori del comparto tessile, i quali hanno già intuito che il paradigma consumistico della fast fashion, basato su un modello lineare sintetizzabile come produzione-consumo-scarto, non si può più considerare come efficiente e minimamente sostenibile.
Peraltro, sono già state diverse anche le iniziative europee che hanno aperto la strada alla transizione alla economia circolare, come la Direttiva sull’Ecodesign (2009/125/EC, del 21/10/09), la quale diventerà progressivamente applicabile ad un più ampio range di prodotti, e non più solo a prodotti elettronici. Ancora, il Regolamento sul marchio di qualità ecologica dell’UE (66/2010, del 25/11/09), che mira a rendere il maggior numero dei prodotti circolanti sui mercati europei sempre più sostenibili. La EU Ecolabel è però adottabile su base volontaria e per il momento la sua applicazione da parte dei produttori europei è stata abbastanza scarsa. Nonostante ciò, questo strumento verrà migliorato ed integrato, includendo maggiori e più sistematici criteri di durevolezza, riciclabilità e sostenibilità.

Gli obiettivi di sostenibilità
Sono vari gli obbiettivi correlati al raggiungimento di un’economia circolare che le politiche europee mirano a raggiungere. La prospettiva, infatti, è di dare sempre maggiore attenzione, nella regolazione di determinati aspetti della produzione tessile, ad alcuni temi centrali, quali:

  • limitare ed indicare la presenza di sostanze chimiche pericolose nei prodotti, migliorando allo stesso tempo la loro efficienza sul piano del consumo di risorse;
  • aumentare il contenuto di materiali riciclati nei prodotti, migliorandone allo stesso tempo performance e sicurezza;
  • ridurre l’impronta ambientale e di carbonio, anche e non solo riducendo i prodotti usa e getta o comunque non sufficientemente durevoli.

La volontà, peraltro, è di portare avanti questo processo in un contesto di sempre maggiore protezione dei diritti dei consumatori e della loro diretta inclusione nei diversi passaggi necessari per l’attuazione di un’economia circolare. L’obiettivo, qui, è di rendere i consumatori sempre più consapevoli attraverso l’uso di etichette che garantiscano informazioni veritiere e rilevanti, anche riguardanti, ad esempio, la durata media dei prodotti. Inoltre, verranno stabiliti requisiti minimi indispensabili e più stringenti per l’attribuzione degli ormai diffusissimi marchi o etichette di sostenibilità, evitando così fenomeni di green washing. Altre misure concrete che verranno adottate nel prossimo futuro riguarderanno l’utilizzo di materie prime secondarie e per rendere industria e consumatori incentivati a scegliere tessili sostenibili, portando alla loro conoscenza l’esistenza di eventuali servizi di riparazione e di riuso.

La spinta delle Istituzioni europee

Per sostenere questo processo evolutivo, vi è peraltro l’impegno delle Istituzioni ad introdurre sempre maggiori incentivi, anche fiscali, per i soggetti che utilizzino materiali e processi produttivi circolari. Allo stesso tempo verranno elaborate linee guida che consentano il raggiungimento di elevati livelli di qualità nella raccolta degli scarti e dei rifiuti tessili, che gli Stati Membri dovranno garantire per il 2025.
Ad ogni modo, sebbene questa rivoluzione potrebbe sembrare eccessivamente distruttiva, vi è la consapevolezza da parte delle istituzioni europee della sua indispensabilità e quindi della necessità che in questo cambiamento, che dovrà essere graduale e soprattutto equo, vengano coinvolti tutti i soggetti interessati.

 

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