Shopping digitale: come tutelarsi?

Shopping digitale: come tutelarsi?

avv. Gianluigi Fioriglio e avv. Giulia Caruso, Studio Legale Associato Fioriglio-Croari www.fclex.it

Lo shopping digitale rappresenta sicuramente una soluzione appetibile, perché consente agli utenti di accedere comodamente da casa propria a cataloghi vastissimi, spesso beneficiando di sconti e coupon e/o di promozioni speciali. Tuttavia, non sempre l’e-commerce si rivela altrettanto vantaggioso per i venditori, specie in ipotesi di recesso del consumatore e reso dei prodotti acquistati.

Le ragioni che inducono l’acquirente a effettuare il reso di un prodotto possono essere molteplici. Moltissimi consumatori infatti spesso acquistano di proposito più di quanto abbiano bisogno, confidando nella possibilità di successivamente restituire la merce non di proprio gradimento e di ottenere la restituzione del prezzo. Altri, addirittura, si fanno recapitare più versioni dello stesso prodotto (magari di colori e/o taglie differenti, nel caso dell’abbigliamento) per avere poi la possibilità di scegliere l’articolo che veste meglio loro, restituendo gli altri. Oppure, più banalmente, il prodotto acquistato online potrebbe non piacere «dal vivo» al consumatore, o giungere danneggiato a destinazione, o ancora risultare difforme rispetto alla descrizione disponibile online.

Se un prodotto presenta vizi o difformità, oppure non è conforme a quanto promesso, la legge impone al venditore di ripararlo o sostituirlo, oppure di provvedere alla riduzione o, nei casi più gravi, alla restituzione del prezzo.

Nel caso di acquisti di prodotti online, però, il consumatore stipula con il professionista un contratto a distanza e gode di una tutela più ampia. Cosa succede, allora, se si vende tramite e-commerce un oggetto perfettamente integro e il consumatore lo restituisca poi danneggiato? Può accadere, infatti, che l’acquirente, ricevuto il prodotto, lo danneggi anche involontariamente e magari senza accorgersene e, non trovandolo di proprio gradimento, effettui un reso chiedendo indietro i soldi al venditore. Come ci si tutela in questi casi?

Shopping digitale: il diritto di ripensamento del consumatore

La questione è tutt’altro che di rilievo marginale, posto che l’ordinamento riconosce un trattamento di favore al consumatore che effettui acquisti online. L’acquirente digitale gode, infatti, di un «periodo di riflessione» nel corso del quale poter rivalutare la convenienza dell’acquisto effettuato, una volta ricevuto il bene e avuto modo di valutarne «di persona» le effettive caratteristiche e qualità.

In forza di tale «diritto di ripensamento», pertanto, entro il termine previsto dalla legge, il consumatore che abbia acquistato online può sciogliersi unilateralmente dal vincolo contrattuale assunto per qualsiasi motivo, anche laddove il bene non presenti vizi e/o difformità, semplicemente comunicando al venditore la propria intenzione di recedere dal contratto e senza essere tenuto a specificarne i motivi.

Il diritto di recesso può rivelarsi, quindi, un’arma a doppio taglio: se, infatti, da un lato rappresenta una fondamentale forma di tutela per il consumatore che effettui acquisti online, dall’altro esso può spesso prestarsi a forme di abuso da parte di acquirenti digitali meno onesti.

Per prevenire tali spiacevoli – eppur non infrequenti – scenari, il professionista che decida di vendere i propri prodotti tramite e-commerce può scegliere la via contrattuale, dotandosi di una specifica «policy» in materia di restituzioni e recesso, che stabilisca specificamente, fra l’altro: 1) in quali casi gli articoli non possano essere restituiti o rimborsati; 2) gli eventuali limiti di tempo per effettuare il reso e/o ottenere la restituzione del prezzo; 3) a chi competeranno le spese e i rischi connessi alla restituzione dei prodotti.

Non bisogna dimenticare, però, che tale regolamentazione negoziale deve essere necessariamente conforme alle norme di legge in materia di tutela del consumatore.

Il diritto di recesso: obblighi informativi, modalità di esercizio e responsabilità

Il diritto di recesso è disciplinato in maniera dettagliata dal Codice del Consumo, che peraltro stabilisce severe sanzioni per chi non rispetti le prescrizioni di legge.

Ove il consumatore acquisti un bene su un sito di e-commerce ma poi si penta, egli può recedere dal contratto (senza vincoli di motivazione e/o penalità), entro 14 giorni dal momento della consegna del bene, ovvero dalla successiva data in cui sia fornita allo stesso l’informativa sul diritto di recesso in precedenza omessa e/o incompleta.

Nel caso in cui l’informativa sul diritto di recesso non venga fornita (o sia incompleta o errata), il termine previsto in favore del consumatore per l’esercizio di tale diritto «si allunga» di 12 mesi.

In caso di esercizio del diritto di recesso:

  • il consumatore deve restituire i beni acquistati entro 14 giorni dalla comunicazione inviata al professionista, con spese a suo carico;
  • il professionista/venditore deve restituire entro 14 giorni i pagamenti ricevuti dal consumatore.

Il consumatore deve essere previamente informato, al momento della stipulazione del contratto, fra l’altro, degli eventuali costi da sostenere per la restituzione dei beni in caso di recesso, laddove gli stessi per loro natura non possano essere restituiti a mezzo posta.

Se il professionista non fornisce informazioni circa questi costi, alcuna spesa di restituzione sarà dovuta da parte del consumatore. Il professionista può trattenere il rimborso fino alla ricezione dei beni o finché il consumatore non abbia dimostrato di averli rispediti.

Il consumatore resta responsabile della diminuzione del valore del bene determinata da una manipolazione diversa da quella necessaria per stabilirne la natura, le caratteristiche e il funzionamento…

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Continua a leggere a pag. 76 di Technofashion – Settembre 2017

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