Collaborazione e valorizzazione della filiera, qualità, sostenibilità, formazione…  Sono solo alcuni dei concetti alla base della discussione e dei contributi messi in campo nell’ambito del convegno di inaugurazione della 49a edizione di Filo. Fattori fondamentali che consentono alle aziende del sistema tessile/abbigliamento di competere con successo sui mercati internazionali, a patto che avvenga un necessario e ormai inderogabile cambio di mentalità, che porti più competitività e innalzamento qualitativo modernizzando in chiave 4.0 le logiche tradizionali su cui si fonda il nostro made in Italy.

Il Filo della globalizzazione

Va sottolineato innanzi tutto che il concetto di globalizzazione oggi è polivalente e non riguarda più solo i mercati, ma anche quei “consumatori globali” cui piace andare alla ricerca di continua innovazione. Consumatori che ci chiedono di interpretare la novità e il cambiamento, come ha sottolineato Mauro Chezzi, vicedirettore di SMI, a cui la nostra filiera, a tutt’oggi di eccellenza e integra, può rispondere ponendosi come alfiere di un made in Italy che parli lo stesso loro moderno linguaggio.

Come? Attraverso un cambio culturale e nuovi modelli di business. Concetto sottolineato anche da Alessandro Zucchi, presidente di Acimit, per il quale opportunità come quelle offerte da Industria 4.0 vanno capite a fondo e sfruttate per rivedere i modelli di impresa anche a livello organizzativo interno, attraverso una nuova cultura.

Ma anche attraverso un nuovo sistema formativo a breve e lungo termine, più che mai cruciale per il futuro del tessile/abbigliamento. Ne è un esempio la collaborazione tra Poli.design e Città Studi Biella, che hanno promosso la prima edizione del Master universitario in Fiber Design and Textile Processes, un percorso di eccellenza, con inizio a ottobre 2018 e completamente in lingua inglese, che mira a formare le nuove figure professionali del tessile dell’Industria 4.0.

La filiera come valore

Un focus filiera di grandissima attualità, perché permette di interpretare le nuove logiche di velocità – come riconfigurabilità dei cicli produttivi – sostenibilità, tracciabilità, nel modo più contemporaneo possibile, nel mondo dei social in cui vive il consumatore in qualunque parte del mondo. E le associazioni di categoria stesse devono sviluppare insieme alle aziende un modo nuovo di leggere la filiera, che sposti l’attenzione dai costi al valore. Un valore che non va solo preservato, ma anche raccontato, puntando su trasparenza e tracciabilità.