Etichetta di composizione abbigliamento: cosa sapere

Spesso non si dà abbastanza importanza alle norme di manutenzione dei tessuti, e capita che le etichette contengano numerosi errori: vediamo quali

Mentre le regole di composizione si imparano facilmente e si è costretti a seguirle a causa delle sanzioni e dei controlli soprattutto da parte dei paesi in cui si esporta, l’etichetta di manutenzione è diventata un problema nazionale. In primo luogo, perché spesso non si dà in generale alcuna importanza alle norme di manutenzione sia per i prodotti venduti in UE sia per quelli venduti in paesi extraeuropei (e non vi sono sanzioni specifiche in merito); in secondo luogo, perché si utilizzano i simboli riconosciuti universalmente ma si commettono numerosi errori.

Facciamo un esempio visibile in Fig. 1, relativa alla stampa a pigmenti di un tessuto 100% cotone. Il colore della stampa nera è sbavato sul fondo bianco a causa dell’azione combinata del percloro e della temperatura di asciugamento. Si tratta di una stampa a pigmento: il legame tra il colore di stampa e il substrato tessile è di natura fisica e non chimica come nelle stampe o tinture con coloranti (in questi casi il colore si fissa al tessuto con legami chimici e non fisici). È pertanto da escludere tassativamente il lavaggio a secco dei capi con percloro etilene.

Trattandosi di una t-shirt di cotone, il capo deve essere lavato ad acqua e, nel caso sia necessario un lavaggio a secco, al posto del percloro si deve utilizzare come solvente l’idrocarburo, che non attacca la colla che tiene unito il colore al substrato tessile.

etichette
Fig. 1

Etichette composizione tessuto – Il problema della Solidità del colore

Generalmente ci si fida dei simboli indicati dai fornitori del tessuto, che di solito predilige il lavaggio a secco per i seguenti motivi di sicurezza. Innanzitutto, la solidità del colore è di norma bassa per tutti i trattamenti a umido, mentre la solidità del colore al lavaggio a secco è sempre buona.

Inoltre la stabilità dimensionale nei lavaggi ad acqua in media è bassa, mentre nei lavaggi a secco è sempre buona.

Etichette composizione tessuto – I comportamenti alla manutenzione non sono tutti uguali

Il capo tuttavia è composto di più parti, e non di rado si dimentica di considerare i comportamenti alla manutenzione delle altre parti e degli accessori, spesso in contraddizione rispetto a quelli del tessuto principale.

Per esempio il tessuto è lavabile a secco, ma gli accessori si sciolgono al contatto con solvente, sia percloro sia idrocarburo (Fig. 5 e 6).

Nelle Fig. 8 e 9 è possibile infatti vedere la scarica di colore dei nastri sia con lavaggio ad acqua sia con lavaggio a secco.

 

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Le etichette parlanti

 

Etichetta parlanteSi è recentemente concretizzato il progetto “Etichette parlanti” realizzato da Regione Veneto, Unionfiliere, Unioncamere, Confindustria Veneto Sistema Moda, Confartigianato, CNA e Confesercenti. Grazie alla tecnologia digitale basterà avvicinare il telefonino a un paio di jeans, a un vestito, una giacca o un paio di scarpe per sapere dove sono  stati prodotti e nobilitati il tessuto o il pellame, quali trattamenti hanno subito, in quale posto sono stati tagliati e cuciti e dove  sono stati assemblati. I vantaggi sono numerosi sia per il cliente, che saprà esattamente cosa acquista, e per il produttore che potrà valorizzare la qualità del suo prodotto e sfruttare il contatto diretto col consumatore. Le etichette composizione tessuti parlanti si basa su una specifica applicazione software che sfrutta la tecnologia NFC. Un modo concreto per valorizzare e sostenere le produzioni realmente made in Italy, hanno sottolineato i responsabili del convegno di lancio dell’iniziativa svoltosi il 6 settembre a Milano Unica. Il mercato del falso – è bene ricordarlo – costa 7 miliardi l’anno, distrugge imprese e occupazione e danneggia i consumatori che devono invece avere strumenti informativi per decidere  cosa comperare. A oggi hanno aderito all’iniziativa 17 imprese venete ma il progetto è piaciuto anche ad altre associazioni artigiane centro italiche e promette quindi di crescere espandendosi anche ad altri comparti della moda come l’oreficeria, l’occhialeria, il mobile/arredo.

Etichettatura tessile: il quadro sanzionatorio è cambiato

In caso di violazione delle norme di etichettatura, riguardanti il  settore tessile e il settore calzaturiero, sono cambiate le sanzioni applicate.

Le sanzioni per chi non rispetta le regole di etichettatura

  • Sono introdotte nell’ordinamento italiano le sanzioni applicabili per la vendita di calzature prive di etichetta o con etichetta non conforme.
  • Vengono innalzate le sanzioni applicabili per la vendita di prodotti tessili privi di etichetta o con etichetta non veritiera o non conforme.
  • Viene prevista una specifica sanzione da applicare per le vendite on line in assenza delle informazioni sulla composizione ma anche per la presentazione di prodotti su  cataloghi e  prospetti.
  • Viene introdotta una sanzione applicabile nel caso il produttore/importatore non ottemperi ai provvedimenti di conformazione dell’etichetta o di ritiro dei prodotti dal mercato emessi dall’autorità di vigilanza (Ministero dello Sviluppo Economico).

I prodotti offerti in vendita al consumatore finale devono riportare delle indicazioni obbligatorie per consentirgli una scelta ed un acquisto consapevoli.

Alcuni prodotti sono disciplinati in modo specifico da norme nazionali che recepiscono norme comunitarie. Per quanto riguarda il settore tessile, a titolo esemplificativo, è possibile consultare: prodotti tessili.

Fonte: www.milomb.camcom.it

La Corte Europea sull’etichettatura di prodotti tessili

di Avv. Gianluigi Fioriglio – Avv. Cristina Brilli
www.fclex.it

Con la recente sentenza n. 339 del 05 luglio 2018, la Corte di Giustizia dell’Unione Europea risolve alcune questioni interpretative in merito all’applicazione dell’obbligo generale di etichettatura o contrassegno, al fine di indicare la composizione fibrosa di tutti i tessuti tessili.

L’obbligo è previsto dal Regolamento UE n. 1007/2011 e rafforzato, in Italia, dall’entrata in vigore a inizio anno della nuova disciplina sanzionatoria per le ipotesi di violazioni (prevista dal d.lgs. n. 190/2017).

I dettagli della sentenza

La Corte Europea, in primo luogo, ribadisce che i requisiti di etichettatura e contrassegno richiesti dal Regolamento devono essere applicati anche nella promozione e nella vendita di prodotti tessili online, tramite cataloghi o sistemi di e-commerce. Secondo quanto previsto dall’art. 16 del Reg. UE n. 1007/2011, infatti, la descrizione della composizione fibrosa dei prodotti deve risultare chiaramente visibile ogni volta che i prodotti vengono messi a disposizione sul mercato.

Pertanto, è necessario che le informazioni relative a denominazione e percentuale in peso di tutte le fibre di cui è composto il prodotto tessile in vendita siano comunicate, in modo corretto e accurato, ai consumatori già prima di procedere all’acquisto, anche se effettuato tramite strumenti elettronici. Indicazioni che dovranno, quindi, essere riportate nel rispetto di quanto previsto dal Regolamento UE: a titolo esemplificativo andrà utilizzata la lingua italiana per la denominazione, non si potrà ricorrere ad abbreviazioni o sigle, l’elencazione delle fibre dovrà avvenire in percentuale e in ordine crescente e il tutto dovrà essere facilmente leggibile e comprensibile.

L’etichettatura di prodotti tessili puri

Nella sentenza in oggetto, peraltro, la Corte Europea chiarisce anche un ulteriore elemento: l’obbligo di indicare denominazione e percentuale di fibre tessili non può applicarsi ai prodotti tessili puri.
Con riferimento a tali prodotti, infatti, l’unico obbligo – pur sempre previsto dal Regolamento europeo – è quello di specificare chiaramente, nell’etichetta o nel contrassegno e anche nella descrizione sui cataloghi online, la tipologia di fibra che li compone.

Inoltre, la Corte di Giustizia precisa che le denominazioni indicate dalla normativa in esame, ovvero “100%”, “puro” o “tutto”, non sono obbligatorie, ma devono essere intese quali sinonimi che possono essere utilizzati in modo combinato o alternativo tra loro; purché si chiarisca che il prodotto di cui si tratta è composto interamente da una stessa e specifica fibra tessile.

Leggi anche: Etichette di manutenzione abbigliamento: imprecise o fantasma

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Etichette tessili: presto in vigore il nuovo regolamento

A partire dall’8 maggio 2012 sarà in vigore il nuovo regolamento UE 1007/2011 relativo alla denominazione delle fibre tessili e della etichettatura di composizione fibrosa dei prodotti tessili. Pubblicato sulla gazzetta ufficiale della Unione Europea del 18 ottobre 2011 il nuovo regolamento si differenzia dalle precedenti norme per le seguenti tematiche: la presenza di parti non tessili di origine animale nei prodotti tessili deve essere indicata la dicitura “contiene parti non tessili di origine animale”, non può essere applicato a prodotti tessili dati in lavorazione a lavoranti a domicilio o a imprese indipendenti che lavorano a partire da materiali forniti loro senza dar luogo a cessioni a titolo oneroso, o a prodotti tessili confezionati su misura da sarti operanti in qualità di lavoratori autonomi. Possono inoltre essere indicate solo le 48 fibre indicate dal regolamento. La denominazione “altre fibre” deve essere usata per indicare l’insieme delle fibre che collettivamente raggiungono il 15%, ciascuna delle quali non raggiunga il 5% in peso della composizione del prodotto. Nel caso si voglia specificare il peso di una delle fibre presenti in misura inferiore al 5% è necessario indicare anche la composizione delle altre fibre.

Il documento completo è disponibile cliccando qui