Come difendere la manifattura italiana

Mi è stata chiesta l’opinione in merito a un quesito di grande attualità nel dibattito economico e politico del nostro Paese. È possibile immaginare un futuro manifatturiero in Italia o dovremo solo ricordare impianti e stabilimenti manifatturieri?

I dati della crisi sono davanti agli occhi di tutti. A seguito dello shock finanziario del 2008/9 e del processo di lenta deindustrializzazione, l’indice della produzione industriale ha perso ben 20 punti percentuali dal 2007 a oggi con ricadute rilevanti anche sui dati occupazionali. Tuttavia non credo che l’Italia debba rassegnarsi a questo percorso di declino. Sono assolutamente convinto che si disponga di importanti argomenti per innescare un processo di tenuta e rilancio del proprio patrimonio industriale. Non voglio affrontare qui il tema, per altro fondamentale, delle strategie politiche necessarie a preservare il tessuto imprenditoriale entrando cioè nel merito delle politiche fiscali e della de-burocratizzazione delle procedure amministrative che tanto pesano sulla vita quotidiana delle PMI soprattutto. Farò invece alcune considerazioni che emergono da un punto di osservazione particolare qual è quello di un’università che ha da sempre un rapporto molto stretto con le piccole e medie imprese.

In effetti, a fianco di un settore industriale che fatica a reggere le contrarietà della crisi e il calo dei consumi, vi sono realtà che continuano a investire in innovazione e ricerca, che affrontano nuovi mercati rinnovando la propria produzione in funzione dei nuovi scenari. Sono aziende che hanno scelto di indagare opportunità oltre frontiera affrontando la sfida dell’internazionalizzazione. Per questo fine hanno in molti casi compreso i vantaggi di operare in rete con altri soggetti produttivi e con le università nella convinzione di poter sfruttare al meglio le sinergie. L’esperienza svolta in LIUC con il Lean Club, cui partecipano aziende in prima linea nell’innovazione, va in questa direzione. Quale futuro per il settore tessile? Il tessile è parte integrante del DNA del nostro territorio. Questo si traduce in anticipazione di trend, creatività, innovazione continua di materiali e tecnologie, attenzione al cliente. Parametri che stanno garantendo alle 50.000 imprese del comparto di giocare con energia la partita nell’economia globale cui si aggiunge oggi un altro elemento ad alto valore: quello della sostenibilità ambientale e sociale che può rendere i produttori italiani fortemente competitivi nel confronto con le produzione del Far East.